Dai voli aerei alla spesa, dagli acquisti sul web all’arredamento, questa è l’era del low cost: un mondo in cui tutto è alla portata di (quasi) tutti. Ma dietro l’apparenza dell’egalitarismo, la verità è un’altra: il low cost ci rende più poveri, ”perché ogni volta che ci sembra di fare un affare, in realtà stiamo comprando qualcosa di qualità e valore aggiunto inferiore, in una spirale che trascina al ribasso tutta l’economia”, afferma il direttore dell’Istituto Sperimentale di Marketing e del Centro Studi Fleet&Mobility.
Con l’illusione di rendere accessibile tutto a tutti, si produce e distribuisce povertà.
Se il consumatore, ad esempio, vuole acquistare una camicia da 60 euro, pagandone 30, deve accettare che quella camicia contenga una manodopera economica, disponibile solo in Paesi in cui il livello generale dei prezzi è più basso del nostro in termini di stipendio, sicurezza sul lavoro, tutele sindacali ecc.
Gli effetti del low cost sull’economia e sull’occupazione nel medio periodo e su larga scala frenano lo sviluppo e diseducano le persone a percepire la qualità; abbassando il prezzo di beni e servizi per renderli più accessibili, si finisce per determinare poca qualità, minore reddito per le persone e, più in generale, nessuna motivazione/ambizione di accedere a beni e servizi migliori, determinando un appiattimento dei consumi.
Rimettere al centro un rapporto di fiducia tra produttore e destinatario di oggetti e servizi è forse la cosa più urgente da fare. Oltre ad aprire una riflessione sulla globalizzazione, che ha avuto esiti indubbiamente positivi in termini di riduzione della povertà mondiale (quella vera, da 1,2 dollari al giorno pro-capite), ma altrettanto negativi nel mercato del lavoro e forse merita un tagliando, a distanza di vent’anni.
presented by Romano Pisciotti
“La globalizzazione ha solo spostato benessere, sottraendone in alcune aree del pianeta a favore di altre.”
Romano Pisciotti