Se c’è un mistero nella pandemia da nuovo coronavirus è come abbia fatto il Giappone, pur prevedendo solo restrizioni relativamente morbide e non mettendo in campo imponenti risorse diagnostiche, a evitare di essere investito dalla crisi COVID-19. Solo fortuna? O, invece, ci sono elementi culturali e ragionamenti scientifici che hanno contribuito ad alleggerire la situazione giapponese?Una questione, quindi, in primo luogo di tempestività. Ma non solo: Se si guarda ai risultati dei paesi occidentali, appare evidente come le misure prese in Giappone siano state efficaci.
La differenza sta nell’approccio al contagio. Per dirla in poche parole: l’approccio giapponese è stato quello di guardare al quadro complessivo osservando il bosco, quella di New York e dell’Occidente è stata quella di guardare al singolo albero». Fuor di metafora, Oshitani spiega che in Occidente si è puntato a effettuare test a tappeto attorno a ogni singolo contagiato per individuare tutti gli infetti e cercare così di isolare il virus. Invece in Giappone l’approccio è stato quello ‘di evitare di lasciarsi sfuggire le grandi fonti di contagio’, cioè i cosiddetti ‘cluster’. Anche a costo di consentire una qualche circolazione del virus, senza cercare di strozzarla, in Giappone si è andati ossessivamente alla ricerca dei principali cluster.
Presentato da Romano Pisciotti
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