SAN REMO 2020

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Una volta l’Italia era un Paese arretrato e bigotto, il festival di Sanremo ne era una fedele rappresentazione, infatti, vi venivano invitati cantanti mediocri come Louis Armstrong, Wilson Pickett, Lucio Battisti, Mia Martini, Fausto Leali, che chiamavano “il negro bianco”…, immagino che non li abbiate mai sentiti nominare. Non fregava a nessuno quali fossero le idee politiche degli artisti e degli ospiti che vi partecipavano, contava solo il talento, nessuno voleva scandalizzare e provocare i cosiddetti benpensanti, a Sanremo si doveva dimostrare di saper suonare e cantare, contava solo la musica. I cantanti si presentavano in giacca e cravatta, Battisti era un po’ eccentrico e si mise il foulard, per cantare “Un’avventura”, una canzone sfigata che presto venne dimenticata da tutti. Insomma, un evento scadente, ma, ve l’ho detto, eravamo un Paese culturalmente arretrato, prigioniero di tanti pregiudizi, di più non potevamo offrire o pretendere. Però, poi, l’Italia si è modernizzata ed emancipata, si è liberata di tanti tabù, così Sanremo ha fatto il salto di qualità, oggi il festival è soprattutto un’occasione per discutere di questioni serie ed il livello qualitativo delle canzoni in gara si è alzato notevolmente. Certo, siamo rimasti un Paese razzistello, sotto sotto pure fascistello, abbiamo ancora qualche problema con la lingua inglese, evadiamo le tasse, qualcuno scrive ancora “Patria” con la “p” maiuscola…, ci vorrà ancora un po’ di tempo per risolvere tutti questi problemi, ma siamo ben avviati sulla strada che porta alla civiltà. Indietro non si torna. Sono finiti i tempi in cui un artista americano sconosciuto, di bassa qualità, saliva sul parco e cantava “Deborah”. Poi, ci sono quelli che vanno su Facebook e scrivono che il festival è stato penoso, si lamentano che devono pagare il canone per Fabio Fazio… Non li ascoltate, sono i populisti, a quella gente non va bene mai niente, sono rimasti ai tempi di “Finché la barca va”, sono tutti fascistoni, pure falsi, perché dicono di rimpiangere Orietta Berti e le gemelle Kessler, ma, in realtà, rimpiangono Mussolini. Dipendesse da loro, saremmo ancora in camicia nera o vivremmo nell’Italietta, quando ogni italiano aveva un posto di lavoro stabile, riusciva ad acquistarsi una casa, aveva una pensione che gli permetteva di vivere la vecchiaia dignitosamente, ma poi, quando andavi all’estero, alla frontiera perdevi cinque minuti per mostrare il passaporto (io ricordo uno che, addirittura, venne trattenuto dai doganieri ben otto minuti). Fortunatamente, non siamo più quel Paese rozzo, incolto e troglodita di trenta o quarant’anni fa. Non abbiamo più l’anello al naso (no, quello molti lo portano, ma è un modo di dire, intendevo in senso figurato, non mi prendete sempre alla lettera, un po’ di elasticità mentale, per favore). Sanremo, oggi, è il suggello ed il simbolo d’un Paese finalmente moderno, europeo, d’una società aperta, multiculturale, multietnica… e non mi ricordo più come si dice in questi casi. Comunque, in sintesi, noi possiamo solo essere orgogliosi di ciò che abbiamo fatto in Italia in quest’ultimo trentennio. Mai più uno come Lucio Battisti a Sanremo. Mai più.
(Un grandissimo Mauro Ammirati)

 

ROMANO PISCIOTTI: LIKE (ironia e lacrime)