…semplicemente Vespucci

Quella gran bella nave la chiamiamo semplicemente “Vespucci”…troppo spesso dimentichiamo il nome completo: Amerigo Vespucci! L’onore e la gloria del coraggioso navigatore sono quasi cancellati, ricordiamo la splendida nave a vela e dimentichiamo che “Amerigo” diede il nome all’anonimo “Nuovo Mondo.” La mitica nave ha l’onore di ricordare l’uomo e un’epopea…ma per tutti è “il Vespucci” o, meno correttamente, “la Vespucci.”

Forse ci fa male ricordare che quel popolo di “indiani” mezzi nudi e l’accozzaglia (a seguire) di mezzi preti, di ubriaconi, di ex galeotti, puttane, speranzosi sognatori e disperati…sono oggi, o si credono, i padroni del mondo.

Il Vecchio mondo sembra popolato, oggi, solo da nani…incredibile pensare che i nostri avi abbiano fatto la Storia del mondo per duemila anni!

A noi rimane un po’ d’insofferenza nell’essere “alleati” del “padrone”, ma la pagnotta assicurata ci fa dimenticare l’orgoglio e il coraggio, illudendoci che la farina ci arrivi gratis.

Forse va bene così…..

”Vespucci” e basta.

Forse…ma questa favoletta dell’invasore e dell’invaso mi convince poco…ogni parte ha le sue ragioni (…e colpe) noi ne crediamo una sola.

Noi siamo per l’Occidente buono e tutto quello che è a Oriente è male. Abbiamo fatto coincidere l’Occidente con tutto quello che sta a ovest dai “brutti e cattivi.”

Abbiamo quasi cancellato il nostro Continente…o, quanto meno, ne abbiamo perso un pezzo che è parte di una Storia comune, per abbracciare un mondo liquido che è la macchietta dell’Impero Romano.

Abbiamo esportato braccia e cervelli; a noi, del vero Impero, è rimasta solo la decadenza…e neppure ci chiediamo come abbiano fatto “loro” a diventare così potenti…e arroganti.

Se ci hanno “liberati” dovremmo anche chiederci quando scadrà la cambiale che continuiamo a pagare e quanto dobbiamo ai milioni di morti russi lasciati sulla strada per Berlino.

I nostri fratelli dell’est hanno avuto una storia sfortunata nella spartizione dell’Europa, oggi noi, diventati anello debole post-storico, dobbiamo fare attenzione a non essere sacrificati nella prossima nuova spartizione dell’intero pianeta che sembra prospettarsi. Ci avevano raccontato che l’Unione Europea sarebbe stata forte e solida tra i potenti…per ora dobbiamo pensare a come scaldarci quest’inverno e come uscire dal vicolo cieco in cui siamo stati “liberi” d’infilarci.

Consoliamoci con una bottiglietta di Coca Cola…e con la maestosa visione del Vespucci…dove (ancora) sventola la bandiera italiana.

Romano Pisciotti

Gemelli

….non vedete doppio:

Ai tempi il Vespucci aveva un gemello, di poco più piccolo della “capo classe” (e più anziano di tre anni), anch’esso intitolato ad un grande navigatore, Cristoforo Colombo.

E’ il 9 settembre 1943 quando ciò che resta (in realtà un discreto naviglio) della Regia Marina fa rotta su Malta. Le durissime clausole armistiziali impongono a Roma di cedere buona parte dei migliori vascelli alle potenze vincitrici, fra le quali l’Unione Sovietica che si prende la corazzata Giulio Cesare e la nave scuola Cristoforo Colombo. Riparazioni belliche che, dal punto di vista sovietico, vogliono dire buoni scafi per rafforzare una flotta che nel corso del conflitto ha avuto un ruolo piuttosto marginale, eccezion fatta per alcune operazioni nel Baltico e nel Mar Nero. Ad attendere ambedue le navi italiane, però, c’è un triste destino: la corazzata, urtando una vecchia mina, affonda a Sebastopoli nella metà degli Anni Cinquanta trascinando con sé anche una squadra di vigili del fuoco; la Colombo è usata come Nave scuola per poi essere privata degli alberi e sfruttata quale deposito galleggiante.

Ne Il compagno don Camillo l’irriverente sacerdote emiliano, fintosi comunista in Russia, suscita i malumori di un “compagno” marittimo indicando la Colombo come splendida nave sovietica, con il marinaio che risponde secco di aver lavorato lui stesso alla realizzazione dello splendido e italianissimo velerio, il cui nome non è Djuba (Danubio, nda) ma, appunto, Cristoforo Colombo. E’ forse l’ultima citazione del vascello nella cultura nostrana, perché di lì a pochi anni incuria, abbandono e un devastante incendio trasformano il gioiello dei cantieri navali di Castellamare di Stabia in un tizzone prima posto in disarmo, poi demolito e comunque dimenticato sia in Italia sia in Russia.

by Marco Petrelli

presentato da Romano Pisciotti

 

 

 

 

 

Straulino

Si è sempre detto che un’immagine vale più di cento parole…vero, tanto più vero se le immagini sono due e si rincorrono, per un strano destino, nella sequenza di pubblicazione di due miei amici su Facebook: la prima è il passaggio del Vespucci, al comando del mitico Comandante Straulino, nel canale navigabile di Taranto senza l’ausilio delle macchine; la seconda è l’inquietante immagine di una moderna e gigantesca nave da crociera in ingresso a Venezia. Onore ai due Comandanti che mostrano un buon corredo di “attributi” e perizia marinaresca: il primo, danzando con il vento, il secondo, domando centomila tonnellata di ferro con tutta la tecnologia navale disponibile. Bravura e meticolosa conoscenza della propria nave e degli elementi in gioco: vento, corrente e ogni capriccio del Creatore.

La prima foto è del 1965, la seconda è molto più attuale. La prima foto ci riporta ad una dimensione più umana e antica: alla storia della marineria, a viaggi di uomini coraggiosi vissuti ben prima di Straulino, marinai che impararono e insegnarono a convivere con le forze della Natura.

Ogni Comandante, anche se oggi abbiamo la forza della tecnologia, deve fare i conti con quegl’insegnamenti.

A prescindere da tutto ciò, il Vespucci è passione e rispetto per il mare, mentre quell’enorme isola d’acciaio, così “incombente” in quella foto, sembra più un insulto alla Serenissima o, quanto meno, una minaccia per i suoi tesori e la sua storia. 

Abbiamo perso le proporzioni, la grazia e il rispetto che sono fonte di civiltà; l’eccesso è barbaro, imbruttisce e non è civile, forse, non è neppure umano. 

Quella grande nave bianca, vanto tecnologico di crociere interspaziali, non ha nessun bisogno di eclissare la storia di un paese per il demente divertimento di qualche passeggero che, molto meglio, potrebbe assaporare arte e storia vivendole a passeggio tra le calle di una città meravigliosa.

Questo è il trionfo del “low cost”? Crociere a poco prezzo con il rischio, per l’umanità, di pagare un tributo inimmaginabile: la fine del bello e del sottile piacere dell’arte! 

Basterebbe fermare quelle balene bianche un po’ più in là…ma forse abbiamo già perso il bene della logica e dell’intelletto.

Romano Pisciotti