Starbucks

Tutto l’aroma della globalizzazione nell’accordo Nestlé-Starbucks

La compagnia svizzera ha acquisito il diritto di commercializzare i prodotti della catena di Seattle. Ecco come il caffè ha unito i cinque continenti nei secoli

Un’icona americana ormai debordante negli aeroporti e nei centri commerciali, nei parcheggi e agli angoli delle strade, su YouTube, MySpace e sulle pagine di Facebook, in “Shrek 2” e in “Ti presento i miei”, nelle puntate dei Simpson e in quelle  di Sex and the City. Eppure è con la svizzera Nestlé che Starbucks ha siglato la grande alleanza. Un’alleanza che vale 7,5 miliardi di dollari e darà a Nestlé il diritto a commercializzare i prodotti del gruppo di Seattle.

Nestlè

La storia del caffè, però, c’entra poco sia con gli Stati Uniti che con la Svizzera. Il suo nome infatti deriva dall’altopiano etiopico di Kaffa, e tuttora l’Etiopia è il quinto produttore mondiale di caffè, con 384.000 tonnellate che nel 2015-16 rappresentavano il 3 per cento della produzione mondiale, il 34 per cento del suo export, il 60 per cento delle sue fonti di valuta e 15 milioni di posti di lavoro. Nero come il petrolio, qualcuno ha accostato il caffè al greggio indicandoli come i due carburanti su cui si basa la velocità del mondo moderno: l’uno per le macchine, l’altro per i cervelli delle persone. Più in generale il caffè è la terza voce più importante nei mercati mondiali delle commodities, appunto dopo petrolio-gas e acciaio. E non solo per l’Etiopia il caffè ha un’importanza economica pari a quella che ha l’“oro nero” per i paesi produttori.

E anche quello di Starbucks, in fondo, è un caffè globalizzante: è di proprietà americana, fa accordi con gli svizzeri, si rifornisce in America Latina e Africa e sfonda in Asia, ma è stato apertamente ispirato al “caffè all’italiana”. Per questo il primo nome della catena fu tra 1985 e 1992 “il Giornale”. Per questo gran parte della sua nomenclatura è in italiano, vero o maccheronico: Espresso, Grande, Venti, Trenta, Latte, Cappuccino, Americano, Breve, Macchiato, Frappuccino, Barista. E per questo ci ha messo tanti anni prima di trovare il modo di proporre la copia alla patria del modello originale: il primo Starbucks in Italia.

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L’allarme della BBC: “Così il cambiamento climatico sta estinguendo le piante di caffè”

Il caffè potrebbe finire. A rivelarlo è uno studio scientifico, riportato dalla BBC, che prova a fare una proiezione su quante piantagioni di caffè resteranno al mondo entro metà secolo.

Secondo gli esperti, a causa del riscaldamento globale, entro il 2050 saranno dimezzati i terreni dedicati alla coltura del caffé di qualità Arabica che rappresenta il 70% del caffé prodotto nel mondo.

Oggi vengono bevute 2 miliardi di tazzine di caffé al giorno, un ritmo che presto diventerà insostenibile per la scarsità di chicchi. La testata britannica cita i dati provenienti dalle colture dell’America Centrale, dove nel 2013 un’epidemia di parassiti ha fatto calare il raccolto del 20%. Un altro dato preoccupante arriva dalla Tanzania, invece, negli ultimi 50 anni ogni ettaro ha prodotto sempre meno caffé: dai 500 chili ai 300, e questo per il riscaldamento globale.

Romano Pisciotti surfing web