MERCATO SENZA CONCORRENZA

 Oggi Apple e Microsoft valgono in Borsa poco meno di 3 mila miliardi di dollari ciascuna; dunque più del Pil giapponese. Sono le due società con la maggiore capitalizzazione del pianeta e hanno in mano il controllo delle tecnologie in grado di condizionare in profondità il modo di pensare, di rappresentare e di interpretare il mondo. La narrazione comune è che siano in costante concorrenza e che questa sia la forza del mercato. Ma è proprio così? Direi di no. I principali azionisti di Apple e Microsoft sono gli stessi tre fondi, Vanguard Black Rock e State Street, che in entrambi i casi controllano circa il 20% del capitale totale. In sintesi chi decide le strategie delle due società sono gli stessi soggetti finanziari che, evidentemente, decidono cosa sia il mercato, cancellando ogni reale concorrenza, ormai estranea a tutti i settori fondamentali dell’economia globale. In tali condizioni celebrare il libero mercato significa praticare la religione fideistica del monopolio finanziario a cui riservare la proprietà privatistica di ogni forma di innovazione.

Alessandro Volpi

 

Commento di Romano Pisciotti: l’Europa ci obbliga a riformare la legge sulla concorrenza…che ridere!

Google loses challenge against EU

Google loses challenge against EU antitrust decision, other probes loom

By Foo Yun Chee

Google suffered one of its biggest setbacks on Wednesday when a top European court upheld a ruling that it broke competition rules and fined it a record 4.1 billion euros, in a move that may encourage other regulators to ratchet up pressure on the U.S. giant.

The unit of U.S. tech giant Alphabet (GOOGL.O) had challenged an EU antitrust ruling, but the decision was broadly upheld by Europe’s General Court, with the fine trimmed modestly to 4.125 billion euros ($4.13 billion) from 4.34 billion euros.

https://www.reuters.com/technology/eu-courts-wed-ruling-record-44-bln-google-fine-may-set-precedent-2022-09-14/

Presented by Romano Pisciotti

The AMAZON trick/ Il trucchetto di AMAZON

ITALIAN AND ENGLISH VERSION

Nel 2017 Amazon tenne tre giorni di incontri presso la sua sede centrale di Seattle con i rappresentanti di decine di brand di beni di consumo. A quel richiamo, numerosi marchi – alcuni molto famosi – risposero iniziando a vendere i loro prodotti attraverso le piattaforme di Amazon. Ma c’era un trucco, iniziato già nel 2009.

In quell’anno comparve infatti sul sito del gigante di Seattle una pila che mostrava un nuovo marchio: Amazon Basics. Si trattava del primo marchio di proprietà di Amazon. In pochi anni, le pile Amazon Basics hanno conquistato quasi un terzo delle vendite, superando Energizer e Duracell. Amazon non rilascia dati ufficiali sulle vendite dei prodotti dei marchi di proprietà, e così abbiamo provato ad analizzare il portafoglio di tali prodotti. I numeri sono sorprendenti: oltre 400 marchi che coprono venti categorie, per un totale di oltre 23mila prodotti.

È legittimo chiedersi il motivo per cui Amazon, da una parte, invita i brand a entrare nel suo store digitale e poi crea marchi per competere con quegli stessi brand. E la risposta a questa domanda è semplice. Quando qualcosa viene venduto su Amazon, chi è il proprietario dei dati? E chi possiede la relazione con il cliente? Se avete risposto “Amazon” a entrambe le domande, avete centrato la questione.

FONTE: 

In 2017, Amazon held three days of meetings at its Seattle headquarters with representatives from dozens of consumer goods brands. At that recall, numerous brands – some very famous – responded by starting to sell their products through Amazon’s platforms. But there was a trick, which began as early as 2009.

In fact, in that year a stack showing a new brand appeared on the Seattle giant’s website: Amazon Basics. It was the first brand owned by Amazon. In just a few years, Amazon Basics batteries have captured nearly a third of sales, surpassing Energizer and Duracell. Amazon does not release official data on the sales of the products of the proprietary brands, and so we tried to analyze the portfolio of those products. The numbers are surprising: over 400 brands covering twenty categories, for a total of over 23,000 products.

It is legitimate to ask why Amazon, on the one hand, invites brands to enter its digital store and then creates brands to compete with those same brands. And the answer to this question is simple. When something is sold on Amazon, who owns the data? And who owns the relationship with the customer? If you answered “Amazon” to both questions, you have got it right.

(Translation from the Italian edition: Romano Pisciotti)

BUSINESS & MARKETING

BIG TECH ANTITRUST

Google’s (GOOG, GOOGL) app store, Google Play, became the latest target of Big Tech antitrust regulators in a federal lawsuit filed by dozens of attorneys general led by the state of Utah.

The case, brought in U.S. District Court for the Northern District of California, is one of dozens of lawsuits that Google’s parent company Alphabet is facing in a wave of actions around the globe challenging tiers of its dominant markets.

In the complaint, the states accuse Google of illegally operating monopolies in the market for Android app distribution by imposing technical barriers that prevent third parties from distributing apps outside the Play Store. According to the complaint, Google controls 99% of the “licensable” market.

“Android is the only viable operating system available to license by mobile device manufacturers that market and sell their devices to U.S. consumers,” the lawsuit states, noting a distinction Google has from its competitor Apple (AAPL) that is also facing antitrust scrutiny over its App Store.

The suit added: “The barriers to entry in the licensable mobile operating system market are high, and even highly resourced entrants, such as Microsoft (MSFT) and Amazon (AMZN) have failed.”

To stifle competition, the states allege, Google uses contracts to prevent original equipment manufacturers (OEMs) from circumventing the technical barriers, and to block competing app stores from distribution on the Play Store.

 

Presented by Romano Pisciotti

GEOPOLITICA E AZIENDE

Le chiavi di lettura puramente economico-finanziarie non sono più sufficienti a navigare la complessità internazionale. La Scuola di Limes fornisce consulenze su misura per le imprese che proiettano se stesse e il paese in un mondo sempre più competitivo.

PRESENTATO DA ROMANO PISCIOTTI

LA PAGNOTTA GRASSA

La verità

è sempre sul fondo

di un pozzo di liquami,

coperta da bugie

e gongolanti falsi trionfi,

annegata tra interessi

e buio dell’ovvio.

Uomini boriosi vivono

in groppa a giudici nani

regnando sulla beata ignoranza,

sull’avidità di pecore grasse,

che difendono il pascolo,

e sulle pecore magre

che tremano

del freddo della paura.

Non verrà giustizia,

nessuna giusta sentenza

alla corte del tiranno

o nel caldo letto

della democrazia.

Gli uomini dormono

all’ombra di facili certezze:

si troveranno colpevoli

appagando il popolo di Pilato,

si ordiranno vendette

per placare le piazze

e si massacreranno fanti

per difendere

l’impero della pagnotta grassa.

Romano Pisciotti

CURIA REGIS

Curia regis Nel Medioevo, organismo con il compito di amministrare la giustizia e di consigliare il sovrano in materia politica ed economica. Il termine poteva riferirsi sia all’assemblea dell’aristocrazia feudale, di alcuni cavalieri e delle alte cariche ecclesiastiche, che veniva convocata in particolari occasioni, sia al gruppo ristretto di consiglieri del sovrano.

https://www.treccani.it/enciclopedia/curia-regis/

Curia Regis” in Latin means “king’s court.” It is also termed as King’s Court or Aula Regis. Curia Regis refers to the Norman English court with a body of advisors, who traveled with the king, advised him on political matters and acted as an appellate court in complicated cases. Later, the functions of the curia regis became exclusively judicial in nature.

Il Re è la fonte di ogni potere, egli quindi in linea teorica ha anche il potere di risolvere le controversie. Tuttavia se da un lato il re organizza un proprio Tribunale (Curia Regis), dall’altra parte riserva a tale Corte unicamente le cause dal suo punto di vista più importanti: la Curia Regis ha competenza a risolvere le cause relative alle finanze regie, all’investitura dei vassalli, alla proprietà ed al possesso dei beni immobili, nonché alle cause penali fonte di pericolo per la pace del Regno. Il Re è direttamente a capo della Curia Regis.
Per tutte le altre cause vengono istituiti dei Tribunali locali: le Corti Baronali. Esse sono strutturate nel singolo feudo, coordinate dal signore feudale.

Guarda le slides:

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Presentato da Romano Pisciotti

Romano Pisciotti

“Ne bis in idem”…not twice about the same

not twice about the same
Literally translated ne bis in idem meansnot twice about the same’. Put simply—a closer look below will reveal complications—the principle provides that nobody should be judged twice for the same offence. Historically, the principle derives from the Roman law maxim bisde eadem re ne sit actio.

The Grand Chamber of the of the  Court of Justice, is hearing today two very important cases that relate to the principle of non bis in idem in competition and regulatory proceedings (there has been a flux of such cases recently). Case C-117/20 is about whether that principle applies between regulatory and competition proceedings, where the same facts may be examined under two different legal regimes. There are also interesting questions about limitations on the freedom to conduct business, protected by Article 16 of the Charter of Fundamental Rights. These are particularly critical questions for the enforcement of the future Digital Markets Act. Case C-151/20 is about non bis in idem as between national and EU competition law-based proceedings. Particularly interesting is a question whether the above principle applies to the case of immunity recipients, where no fine has been imposed, yet there is a finding of infringement. The fact that these cases are heard by the Grand Chamber may mean that the Court could revisit its Toshiba case law, where it adopted a very conservative and restrictive interpretation of double jeopardy in competition cases. I think it’s about time to align the EU case law on this matter.
FROM:
Traduzione:
La Grande Sezione del Court of Justice of the European Union sta ascoltando oggi due casi molto importanti che riguardano il principio del non bis in idem nei procedimenti in materia di concorrenza e regolamentazione (recentemente si è avuto un flusso di tali casi). La causa C-117/20 riguarda l’applicazione di tale principio tra procedimenti normativi e di concorrenza, qualora gli stessi fatti possano essere esaminati nell’ambito di due regimi giuridici diversi. Vi sono anche interessanti domande sulle limitazioni alla libertà di condurre affari, tutelate dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali. Si tratta di questioni particolarmente critiche per l’applicazione della futura legge sui mercati digitali. Il caso C-151/20 riguarda il non bis in idem tra procedimenti nazionali e comunitari basati sul diritto della concorrenza. Particolarmente interessante è la questione se il principio di cui sopra si applichi al caso dei beneficiari dell’immunità, in cui non è stata inflitta alcuna ammenda, ma vi è una constatazione di infrazione. Il fatto che tali cause siano state eseudite dalla Grande Sezione può significare che la Corte potrebbe riesaminare la sua giurisprudenza Toshiba, in cui ha adottato un’interpretazione molto conservatrice e restrittiva della doppia incrivizione nelle cause in materia di concorrenza. Penso che sia giunto il momento di allineare la giurisprudenza dell’UE in materia.
Presented by Romano Pisciotti

Esiste un giudice a…

La giustizia britannica ha respinto la contestata istanza di estradizione negli Usa di Julian Assange, dove il fondatore australiano di WikiLeaks è accusato di spionaggio e pirateria per aver contribuito a svelare file riservati americani relativi fra l’altro a crimini di guerra in Afghanistan e Iraq. A emettere il verdetto, a sorpresa rispetto alle attese, è stata la giudice Vanessa Baraister.

Gli Usa sono “estremamente delusi” dalla decisione delle autorità giudiziarie britanniche di non concedere l’estradizione del fondatore di Wikileaks Julian Assange negli Stati Uniti. Lo afferma il dipartimento di giustizia americano.

 

Presented by Romano Pisciotti

British justice has rejected Julian Assange’s disputed  petition to the US, where the Australian founder of WikiLeaks is accused of espionage and piracy for helping to uncover confidential American files relating, among other things, to war crimes in Afghanistan and Iraq. Surprisingly compared to expectations, the verdict was issued by judge Vanessa Baraister. Assange, who faced a 175-year sentence overseas, would be at risk of suicide, the judge ruled.

Romano Pisciotti