Toyota is set to unveil a “game-changing” electric car with a solid-state battery. The miraculous specs claim it has a range of 300 miles — and can recharge completely in just ten minutes. Japanese carmaker Toyota is set to unveil what the media is calling a “game-changing” solid-state battery as soon as next year, Japanese financial newspaper Nikkei reports.
ITALIAN:
Toyota svelerà un’auto elettrica “rivoluzionaria” con una batteria a stato solido.Le specifiche miracolose affermano che ha un’autonomia di 300 miglia e può ricaricarsi completamente in soli dieci minuti.La casa automobilistica giapponese Toyota svelerà quella che i media chiamano una batteria a stato solido “che cambia le regole del gioco” il prossimo anno, riporta il quotidiano finanziario giapponese Nikkei.
Il presidente Vladimir Putin ha firmato domenica il documento ufficiale che stabilisce la nuova dottrina navale russa, in cui viene affermato che gli Stati Uniti sono il principale rivale della Federazione e vengono definite le ambizioni marittime globali di Mosca individuando aree cruciali come l’Artico e il Mar Nero, ma non solo.
Parlando in occasione della Giornata della marina russa nell’ex capitale imperiale di San Pietroburgo fondata dallo zar Pietro il Grande, Putin ha fatto un breve discorso in cui ha promesso che i missili da crociera ipersonici Zircon saranno consegnati alla flotta entro l’anno. In particolare andranno a equipaggiare le fregate della classe Admiral Gorshkov (come intuibile dalla serie di test effettuata nei mesi scorsi) facenti parte delle Flotte dei settori ritenuti essere vitali.
Quattroruote lo dice e lo prova, numeri alla mano, da anni. Lo ribadiscono ora anche studi scientifici, in particolare quello condotto dal Fraunhofer Institute for System and Innovation Research di Karlsruhe: le auto ibride plug-in, nella guida reale, consumano ed emettono CO2 ben più di quanto dichiarano. E il vizio non è affatto sanato dalle nuove generazioni di veicoli, anzi: dalle ricerche dell’istituto tedesco emerge infatti che i modelli omologati secondo il nuovo ciclo Wltp evidenziano discrepanze ancora maggiori rispetto a quelli più vecchi, certificati Nedc.
NON È CHE AL MONDO ESISTERÀ SOLO L’OCCIDENTE, È BENE SAPERLO.
Il rafforzamento dell’unione strategica dei BRICS, i Paesi che per varie caratteristiche loro peculiari si sono coalizzati per tentare di guidare a loro favore gli scenari futuri, è stato favorito dalla situazione odierna di guerra e sanzioni economiche in risposta a tali eventi.
Sembra scontato che tutti sappiano che l’Occidente, che si riconosce nell’Unione Europea per alcuni e nella NATO per un altro perimetro, sia una delle parti del mondo e non si può pensare di fare credere che la visione che abbiamo noi sia l’unica presente, pur che pensiamo sia quella che ci piace di più.
La tendenza che va per la maggiore alle nostre latitudini è quella di parlarne il meno possibile, come sempre nei temi dove maggiore consapevolezza servirebbe, e se capita che serva riportarne notizie allora si afferma che alla fine questi paesi BRICS sono deludenti rispetto alle aspettative, marginali, perdenti nella competizione globale.
Questa credenza fallace e fuorviante è stata veicolata soprattutto in 2 momenti recenti, quando si è votata in aprile la risoluzione per denunciare l’attacco russo al territorio ucraino nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite in cui questi Paesi si sono astenuti o opposti al testo, poi quando si sono riuniti per il loro 14esimo incontro per definire un piano di azione urgente che vede l’obiettivo dell’affrancamento dal dollaro come valuta di riferimento per i loro scambi.
Stiamo parlando di un quarto del PIL globale e del 40% delle persone che popolano questa Terra, dire che sono ininfluenti è azzardato, così come è folle arrivare ad uno scontro tale per cui si limitino fortemente gli interscambi con questo blocco di Paesi.
Come modello di Stato e gestione della democrazia nei BRICS (e loro amici) siamo lontani dal nostro ideale, però qual è la soluzione per affrontare la situazione?
La prima potrebbe essere riconoscere la loro diversità, collaborare con essi dove possibile senza andare a sindacare a casa loro e operare per una cooperazione che mantenga lo scenario globale in equilibrio.
Questa però pare non piacere e si preferisce, senza dichiararlo con trasparenza e onestà intellettuale, la seconda possibilità, quella di contrapporsi, cercare di isolare, creare un solco netto e agire con il metodo vecchio come il mondo e lontano dalle ambizioni dell’umanità moderna: deterrenza, minacce, armi.
Intanto chi stringe le mani alla Russia da tempo e ambisce ardentemente ad entrare nei BRICS è l’Algeria, di cui i “migliori” si esaltavano che fosse diventata il nostro primo fornitore energetico superando la Russia.
Questa attrattività verso l’altra parte della barricata vale per la maggior parte dell’Africa e dell’Asia, quindi a lungo termine non so quanto ci convenga rafforzare la logica dei blocchi contrapposti come a Washington hanno deciso di farci bere di nuovo.
GNL dagli Usa? per l’Italia l’operazione più stupida che si possa fare
Una nave gasiera di ultima generazione può trasportare fino a 200.000 metri cubi di gas liquefatto.
Nel processo di liquefazione il volume del gas viene ridotto di circa 600 volte.
Per farlo si porta il gas a -160 gradi centigradi, temperatura che dovrà essere mantenuta durante tutto il trasporto.
Una volta arrivato a destinazione il GNL dovrà essere rigassificato riportandolo gradualmente alla temperatura ambiente.
Il processo di liquefazione e rigassificazione richiede un’energia pari a circa il 30% della resa in combustione del gas, quindi il GNL parte già fortemente penalizzato in competitività, se poi aggiungiamo i costi di trasporto, é evidente che con questa soluzione avremo bollette molto più care.
A parte tutto ció va poi considerato l’aspetto ecologico.
Gli USA hanno promesso alla UE 15 miliardi di metri cubi di gas l’anno che rappresentano meno del 20% del solo fabbisogno italiano.
15 miliardi di metri cubi di gas, una volta liquefatti, si trasportano mediamente con 125 gasiere.
Una nave impiega circa 20 giorni per attraversare l’atlantico e raggiungere l’Italia dagli USA.
Altri 20 giorni servono per il percorso inverso, (più almeno 2 giorni per le operazioni di carico e scarico).
Per il tragitto attraverso l’Atlantico la nave brucia circa 4000 chili di gasolio marittimo ogni ora, 96.000 chili al giorno, che per 40 giorni del viaggio di andata e ritorno dagli USA fanno quasi 4000 tonnellate.
Moltiplicate per 125 viaggi sono mezzo milione di tonnellate di gasolio bruciato in un anno, per trasportare il gas in Europa, con tutte le emissioni nocive del caso.
Ma non é tutto.
Negli USA non ci sono sacche di gas naturale come quelle siberiane (o se esistono, sono in via di esaurimento).
Il gas americano é quasi tutto “di scisto” o shale gas.
Si tratta di gas intrappolato in rocce sedimentarie argillose.
L’estrazione di questo gas avviene con un processo denominato Fracking.
Sottoterra si trivellano pozzi orizzontali, lunghi anche diversi kilometri, nei quali vengono fatte brillare cariche esplosive. Poi vi si inietta acqua ad alta pressione, mescolata a sabbia e additivi chimici.
Questo permette di frantumare le rocce argillose, da cui possono così liberarsi il petrolio o il gas, che salgono in superficie attraverso il pozzo.
Il territorio e l’ambiente ne escono devastati.
I problemi collaterali di questo genere di estrazioni, infatti, sono gravissimi.
L’impossibilità di assicurare la perfetta tenuta delle tubazioni nei pozzi, causa l’irrimediabile inquinamento delle falde acquifere, che si trovano a metà strada tra i giacimenti e la superficie; inoltre, ca ricordato che il metano è un potente gas serra e una parte di quello estratto si libera nell’atmosfera.
Ogni pozzo occupa in media 3,6 ettari di territorio e richiede enormi quantità di acqua (da 10 a 30 milioni di litri), e di sabbia.
La sabbia deve essere estratta, raffinata, caricata e trasportata su treni (100 carri ferroviari per ogni pozzo), accumulata in depositi e infine trasportata con automezzi fino al punto di utilizzo.
Uno degli impatti ambientali più preoccupanti è legato all’acqua utilizzata per il fracking, che risale poi in superficie e deve essere smaltita come rifiuto nocivo, in quanto contaminata.
L’unica soluzione praticabile è trasportarla con autobotti in altre zone, dove viene stivata nel sottosuolo, con ulteriore inquinanento.
Tutta questa attività inoltre, stimola faglie sismiche sotterranee e induce terremoti.
Nel 2007 in Oklahoma c’era stato un solo terremoto, mentre nel 2015 ve ne sono stati oltre 900; per la maggior parte sono stati lievi, ma alcuni hanno provocato molti danni.
In pratica, una zona virtualmente non sismica è stata trasformata in pochi anni nel territorio più sismico degli Stati Uniti, proprio a causa dello smaltimento dei liquidi usati per l’estrazione di idrocarburi di scisto nelle profondità del sottosuolo.
Intendiamoci, anche i russi e gli azeri hanno devastato il mar Caspio per l’estrazione del petrolio, ma importare gas dagli USA é l’operazione ecologicamente più stupida che si possa fare.
Va detto che la maggior parte delle imprese di shale oil e shale gas degli USA erano a rischio di fallimento a causa dei bassi prezzi di mercato. In particolare le società più puccole non riuscivano ad essere competitive con le estrazioni tradizionali, proprio per gli altissimi costi del fracking. Ora la guerra le ha “Miracolosamente” rivitalizzate tutte.
Come il COVID ci ha insegnato, o dovrebbe averci insegnato, l’importanza degli investimenti in ricerca e nelle strutture sanitarie, così ogni crisi finanziaria o economica dovrebbe insegnarci come investire e come strutturare le aziende per renderle flessibili e capaci di operare anche in situazioni di mercato difficili, nel presente e nel futuro.
Oggi, molte aziende sembrano navigare nella tempesta, ma per alcune si sono aperte opportunità: tempesta o bonaccia il segreto è conoscere la propria azienda, l’ambiente in cui opera e conoscere l’ambiente futuro, così da orientare gli sforzi dell’imprendere in giusti investimenti e in nuovi canali di vendita.
Neppure il COVID è stato, per gli studiosi, un evento così inaspettato! Se è vero, com’è vero, che in ogni secolo l’umanità ha lottato con almeno due pandemie, una ogni circa cinquant’anni, si potrebbe affermare che lo scatenarsi di virus pericolosi è un evento più raro dello scatenarsi di crisi economiche, quest’ultime con cicli più ravvicinati delle epidemie.
Se considerassimo anche le gravi epidemie che negli ultimi anni hanno interessato solo alcune aree del pianeta, come il virus ebola, capiremmo che una crisi economica locale, nel mondo globalizzato, riesce a “influenzare” il resto del mondo più di un virus.
Sembrerebbe banale dire queste cose perché tutti ricordiamo che nel mondo globalizzato “Una farfalla che batte le ali…” e neppure serve finire la frase ben nota! Se tutto è così banale, perché molti imprenditori non conoscono la propria azienda?…Né l’ambiente in cui essa opera e tanto meno riescono a guardare al domani. Non sto esagerando: molti imprenditori conoscono il numero dei bulloni che compongono ogni macchinario in fabbrica, ma non hanno mai analizzato (con numeri e dati, senza la bonarietà di un padre!) la propria azienda.
Troppi imprenditori ignorano segnali come i cambiamenti sociali o le tendenze dei mercati che, spesso, sono più potenti di un “battito d’ali” e si diffondono, a volte, in tempi più brevi che un virus e le sue mutazioni.
I segnali del cambiamento climatico, ad esempio, esistevano già dagli anni ’70, ma solo recentemente e rapidamente, Governi e opinione pubblica ne hanno avuto coscienza…non sempre in modo equilibrato, ma questo è un altro discorso…sicuramente, per le aziende, c’è poco tempo per allinearsi agli “editti verdi” a carattere più o meno globale; gli imprenditori che già da tempo seguono politiche green sono certamente avvantaggiati, ora tutti devono imparare come gestire un budget sostenibile.
Troppi imprenditori pensano di navigare a bordo di una nave mercantile, il cui capitano deve conoscere la posizione per tenersi lontano dalle secche…troppo semplice! L’imprenditore è il comandante di una nave da guerra che deve conoscere anche dove si trova il nemico, anzi, dove sarà il target, dovendo sparare il colpo di cannone non dove la nave nemica si trova, ma dove sarà (punto futuro), per non rischiare di colpire solo la scia del bersaglio.
Le aziende, leader e inseguitrici, sono navi in movimento in un mare che in poche ore può passare da bonaccia a tempesta!
Come un comandante usa strumenti per il calcolo e la previsione, altrettanto l’imprenditore deve imparare a stare sul ponte di comando. Anche i migliori capitani, per raggiungere un porto sicuro, si avvalgono di un pilota…dunque, anche molti imprenditori potrebbero aver bisogno di una “guida” capace di portare in azienda esperienze diverse, conoscenze particolari e capacità d’analisi.
IN SICILIA FATTI, NON PAROLE, SULLA SOSTENIBILITA’
Lenzing and Orange Fiber introduce the first TENCEL™ branded lyocell fiber made of orange pulp and wood sources – presenting a new sustainable offering for the fashion industry.
Lenzing e Orange Fiber presentano la prima fibra lyocell a marchio TENCEL™ composta da polpa d’arancia e fonti di legno, presentando una nuova offerta sostenibile per l’industria della moda.
Lenzing Group, a leading global producer of wood-based specialty fibers, is partnering with Orange Fiber, an Italian company which has patented the pulp production process for citrus by-products, to produce the first ever TENCEL™ branded lyocell fiber made of orange and wood pulp. This new product aims to realize both companies’ shared vision to enhance sustainability in the textile and fashion industry. The new TENCEL™ Limited Edition initiative combines the imagination, innovation and inspiration of eco-responsible textiles, through reinventing TENCEL™ branded fibers using unconventional sustainable raw materials.
Il Gruppo Lenzing, leader mondiale nella produzione di fibre speciali a base di legno, collabora con Orange Fiber, azienda italiana che ha brevettato il processo di produzione della polpa per i sottoprodotti degli agrumi, per produrre il primo TENCEL in assoluto Fibra di lyocell a marchio ™ composta da polpa di arancia e legno. Questo nuovo prodotto mira a realizzare la visione condivisa di entrambe le aziende per migliorare la sostenibilità nel settore tessile e della moda. La nuova iniziativa TENCEL™ Limited Edition combina l’immaginazione, l’innovazione e l’ispirazione di tessuti eco-responsabili, reinventando le fibre a marchio TENCEL™ utilizzando materie prime sostenibili non convenzionali.
“The introduction of TENCEL™ Limited Edition leverages our leading edge in highly sustainable production processes and we are proud to collaborate on this special edition fiber series with Orange Fiber.” said Gert Kroner, Vice President of Global Research and Development at the Lenzing Group. “By upcycling waste materials such as orange peels in our products, we are taking proactive steps towards a more sustainable future and minimizing the environmental impact of waste.”
“L’introduzione di TENCEL™ Limited Edition sfrutta il nostro vantaggio nei processi di produzione altamente sostenibili e siamo orgogliosi di collaborare a questa serie di fibre in edizione speciale con Orange Fiber”. ha affermato Gert Kroner, vicepresidente della ricerca e sviluppo globale del gruppo Lenzing. “Riciclando materiali di scarto come le bucce d’arancia nei nostri prodotti, stiamo compiendo passi proattivi verso un futuro più sostenibile e riducendo al minimo l’impatto ambientale dei rifiuti”.
E’ noto che molti piccoli imprenditori hanno basato il loro successo su singole peculiarità, intuito o fiuto per gli affari, com’è altrettanto noto che le piccole e medie imprese, in molti casi, non attraversano un periodo florido, anzi, molte rischiano di passare da “difficoltà” a “chiusura”…..hanno esaurito idee e fiuto?…..o forse qualcuno ha avuto un’idea migliore o globale?!
La globalizzazione ha creato molte illusioni e, purtroppo, molte delusioni: le aziende che hanno pensato di poter abbattere le frontiere raggiungendo, grazie alla visibilità offerta da internet, ricchi mercati inesplorati o nuovi clienti, si sono accorte che un sito web non basta più e neppure la presenza sui social garantisce prodigiose “messi” di clienti.
La global economy sta portando alla migrazione dell’economia produttiva verso luoghi esotici e la finanziarizzazione dell’impresa tradizionale ha abbattuto confini e barriere, senza rispetto sociale e senza impegni territoriali come tasse e sindacati.
Non abbiamo applaudito al concetto dell’e-commerce per vedere migliaia di poveri cristi pedalare per pochi euro o per essere circondati da furgoni che sembrano aver sostituito la slitta di Babbo Natale, con la differenza che la slitta magica non blocca la viabilità con posteggi funamboleschi!
Rischiamo di perdere la bussola negando che l’impresa e l’imprenditore operano non solo “nel” paese, ma anche “per” il paese.
Brutti scenari per le piccole e medie imprese che, nel tentativo di sopravvivere, si vedono costrette a garantire prezzi e tempi di consegne allucinanti ai giganti del web. Albergatori che, rincorrendo la visibilità, si sono ritrovati a pagare un “pizzo” spropositato ad App che stanno, in pratica, monopolizzato il web.
Il cambiamento in atto non sembra portatore di benessere: non siamo davanti all’evoluzione di carrozze in treni e automobili (processo sempre portato ad esempio per giustificare parte dell’attuale progresso), ma all’accaparramento monopolistico economico-finanziario del mercato.
Quando i giganti avranno ottenuto il monopolio commerciale globale, neppure gli utenti finali (clienti) saranno contenti di comprare oggetti o servizi imposti a prezzi che non saranno più a low cost o, se tali, saranno d’infima qualità, unico standard al quale la globalizzazione ci sta lentamente abituando.
Neppure le aziende del nord-est padano (eccellenze della meccanica), entrate nel circuito tedesco, possono stare tranquille: il legame teutonico assomiglierà sempre più a un guinzaglio, se non addirittura a un nodo scorsoio.
Troppo tardi per reagire?
Non penso…
…a patto che le medie e piccole imprese riescano, senza perdere le loro peculiarità, a fare squadra in gruppi di produttori: unendo i canali di vendita, fare rete con associazioni tra aziende che possano condividere esperienze e futuro.
Unire gli sforzi qualitativi, far fronte per nuovi investimenti, raffreddare la concorrenza, ridurre i costi con acquisti comuni, ecc…cooperare significa compensare i vantaggi delle grandi aziende!
So bene quanto sia difficile per il classico imprenditore italiano “aprire” la propria azienda, ma l’alternativa non sarà felice…sciogliendosi nella prossima App o affrontando, solo, la tempesta.
Vizi e difetti della piccola impresa, magari alle prese anche con il cambio generazionale, devono essere rimossi trovando soluzioni competitive per continuare a valorizzare i pregi dell’impronta famigliare…e, nel caso, ricorrendo a esperti e coordinatori esterni per nuove alleanze.
Non solo le grandi aziende oggi puntano alla sostenibilità come focus di pianificazione di asset e strategie d’investimento, tanto da poter riclassificare il bilancio.
La sostenibilità oggi rappresenta un elemento chiave per le aziende e racchiude molteplici vantaggi:
Incremento del valore della marca e sviluppo di vantaggi competitivi
Accedere a nuovi mercati o nicchie di mercato legate alla sostenibilità
Accedere a nuove forme di capitali e modelli di business
Minimizzazione dei rischi
Aumento della produttività e riduzione dei costi
Attrazione e mantenimento delle risorse umane
PRESENTATO DA ROMANO PISCIOTTI
Romano Pisciotti:
After an important experience as a naval officer, Romano worked on behalf of important international companies (Pirelli, for example) in Italy (his country of origin), Argentina, Brazil, Egypt and Nigeria with full responsibility, in a managerial position.
He actively participated in the start up of new operating units in Italy and abroad;
has been fully involved in the restructuring of companies and the increase in commercial activities. In his various experiences, Romano has led multi-ethnic work teams even in stressful environments.
He lived for over five years in Nigeria, where he had relevant experience as general manager of large industrial groups and in logistics; the current activities still tie him to Africa, in Lagos, as responsible for the development of new strategies in Nigeria for the IVECO, heavy vehicles company.
Romano has never neglected professional updating by continuously following courses at qualified universities.